Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
158 | la palingenesi di roma |
vitore si offre di servirli a loro piacere, come angelo o come demonio, gli uomini sono vinti il più spesso dalla curiosità di vedere come serve un demonio. Quando gli uomini dispongono di troppo denaro, il loro senno vacilla; cresce il prezzo dei gioielli, dei vini, delle vesti preziose; sorgono da ogni parte ville e palazzi; lupanari e bische rigurgitano; danze e feste tripudiano.
L’ingiusto arricchimento infatua gli uni, come lo immeritato impoverimento inasprisce gli altri; la disciplina sociale si rallenta; il rispetto, la parsimonia, lo spirito d’ordine svaporano, si diffonde l’invidia delle altrui ricchezze, l’odio dei fortunati, una insaziabile cupidità. Non solo il denaro, passando da una mano all’altra, insegna l’ozio, la prodigalità, il lusso, la dissolutezza, la vanità, la ghiottoneria; ma più abbonda, più scarseggia, più ne cresce il bisogno perchè più rinvilia. I tempi si lagnano di impoverire, quanto più arricchiscono. Il denaro sembra come volatilizzarsi.
Questo spasimo tetanico, in cui si contorce oggi l’Europa, infettata dal falso denaro della guerra intriso di tanto sangue, per poco non soffocò Roma e l’Italia negli ultimi due secoli della repubblica romana. Non la carta e i torchi litografici, ma l’oro e l’argento furono allora il veicolo della malattia. L’Italia fu per due secoli devastata periodicamente da violente maree di oro e di argento, suscitate dalle guerre, che nei tempi antichi, per le ragioni esposte nel mio primo volume, snidavano dai ripostigli