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7.
Alla luce di queste considerazioni molte questioni sul metodo storico, che da quando la storia si è messa in mente di essere una scienza, si sono tanto arruffate, si semplificano assai. Non ho tempo qui di dimostrarlo. Ma non posso tacere una conclusione che è la più importante, perchè vale a sbugiardare insieme e di colpo tutte le false autorità che pullulano oggi negli studi storici dalla universale confusione e ignoranza. La conclusione è questa: che una opera di storia può essere giudicata da un critico soltanto nella sua forma letteraria, come è stata composta e scritta; se è viva o no; se si capisce o se riesce oscura, se piace o annoia. Nella sostanza, ossia se lo storico abbia adoperato bene o male il processo intuitivo con cui soltanto si può scriver la storia; se sia nel vero o se s’inganni, no. Siccome non c’è modo o criterio per verificare inappellabilmente se un documento è stato o non è stato interpretato rettamente, il critico può soltanto scoprire o notare i piccoli errori di fatto, in cui a tutti gli storici accade di incorrere: per giudicare sostanzialmente una storia il critico dovrebbe rifarla tutta quanta, interpretando di nuovo i documenti, a modo suo, ossia intuendo in altro modo e legando tra loro in un ordine diverso gli stati di coscienza di cui i documenti sono il segno frammentario, accidentale e morto. Al lettore spet-
FERRERO. - La Palingenesi di Roma. | 10 |