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piani, i disegni, le ambizioni, gli odi, gli amori, le illusioni, gli atti e i fatti dei grandi personaggi della storia che altro sono se non idee, sentimenti, voleri, propositi, ossia «stati di coscienza»? E che cosa sono, se non stati di coscienza gregari, le inclinazioni dello spirito pubblico, le dottrine e le ambizioni, gli odi e le ammirazioni dei partiti, le tradizioni e gli interessi delle classi sociali, le aspirazioni, gli orgogli, i puntigli, gli interessi dei corpi pubblici — parlamento, magistratura, burocrazia? Che altro è una religione, se non una cristallizzazione di stati di coscienza, spesso complicatissimi ed oscurissimi?

La storia insomma, come opera d’arte e di pensiero, è una psicologia in azione, il cinematografo interno — se posso adoperare l’immagine — di singoli uomini e di gruppi: sovrani, capi di religione, generali, diplomatici, demagoghi, partiti, classi, amministrazioni, sette e via dicendo. Il Croce si è invischiato in tante difficoltà perchè non ha capito questa prima ed elementare verità. Senonchè se lo strumento con cui noi risuscitiamo questi stati di coscienza è quella stessa intuizione, di cui ci serviamo ogni giorno per indovinare ciò che i nostri simili pensano e vogliono, il nostro compito è molto più difficile, quando si tratta di scrivere storie. Gli stati di coscienza da cui nascono i grandi avvenimenti storici sono complessi, numerosi, spesso contradditori, spesso legati tra di loro o inestricabilmente aggrovigliati gli uni negli altri, e in continuo movimento. Chi ci vive in mezzo, se non è proprio dotato di straordinaria in-