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136 | la palingenesi di roma |
mento, ossia per distinguere chiaramente i motivi veri che spinsero i personaggi all’azione e i veri effetti che l’azione generò, è qualche volta necessario, più spesso utile liberarsi dalle passioni contemporanee, ossia mettersi in uno stato di freddezza, per cui l’evento non vibrando più nell’animo dello storico, questi possa osservarlo da tutte le parti, anche da quelle che gli attori appassionati non videro e non potevano vedere. Per citare un solo esempio: accade spesso nelle grandi lotte umane (guerre, rivoluzioni, ecc.) che la parte la quale riuscì vittoriosa, si fosse per lungo tempo ingannata sulle forze dell’avversario, credendole molto più grandi che non fossero. Uno storico, il quale voglia capire ciò che davvero è accaduto, deve rendersi conto di questa illusione; ma dal momento in cui ha scoperta l’illusione l’avvenimento non può vibrare più nell’animo dello storico come vibrò nell’animo degli autori. La passione, che generò l’azione, diventando oggetto di fredda analisi, lo storico deve distaccarsene invece di confondersi con essa.
Dopo aver immedesimato sentimento e pensiero, come se nella storia il sentire equivalesse a comprendere, con singolare contraddizione, in un altro punto, il Croce vuol bandire addirittura il sentimento, come un falsario sistematico, dalla storia, e come se il sentire un avvenimento volesse dir sempre fraintenderlo. «L’alterazione — egli scrive — continua e intrinseca a quella storiografia (la poetica) consiste nello scegliere e connettere i particolari, che si trag-