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POLIBO
Non mi beffare. Guardo a te, Regina,
come il nocchiero alla velata terra
nella tempesta. Ebbro di te m’aggiro
per la campagna lagrimando in cerca
d’un po’ di pace; e mi dilania il cuore,
avviticchiato com’edera a quercia,
l’ombra del tuo malizïoso riso!
Non mi guardare: entrano in me quegli occhi
come, a notte, nel bosco, entra, curioso
il brivido degli astri taciturni!
PENELOPE

(lusingata, benchè non lo lasci parere)


Polibo, siedi. M’hai parlato bene
— ed a me piace chi mi parla bene.
E non pensare al mio sorriso, e dimmi
riguardo a me che voglion fare i Proci.
Cercan d’avere la regina o il regno?
Ed anche tu vuoi la regina o il regno?
POLIBO
Che dici? Io solo amo te sola. I Proci
voglion averti e non amarti. Un tempo
anch’io cercai di non amarti. E come
i Proci bere senza più pensare.
Sete di pace, era la mia! Ma il vino
non mi sazió che una fallace sete!
Ma fammi un cenno e cacceró Antinóo,
cacceró i Proci... o moriró. Morire
pensando: «forse piangerà» m’è dolce.