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ATENA
(fermandolo)
Non andare, Ulisse!
Pazienza! Frena la vendetta in cuore!
Chè molti sono, e di superbo cuore
i Proci! Trenta di Dulichio e venti
quattro di Samo e venti di Zacinto
e più di dieci d’Itaca, e con essi
Medonte araldo ed il cantor divino.
Véstiti come un vecchio mendicante,
e va da Eumeo, che t’ama ancora e guarda
la nera greggia dei nitidi verri
in quella casa, e sta per ritornare
con le sue bestie a farle bere al fonte.
E con lui scendi alla tua reggia, osserva
inosservato e scegli la vendetta!
Ed ora vieni; nascondiamo i doni
nell’antro delle Naiadi marine.
(Ulisse e Pallade prendono i doni dei Feaci, escono e ritornano)
ULISSE
Atena! ancora una grazia. Se vuoi
che in me nessuno ravvisi il partito,
incanutisci i miei capelli biondi,
solca di rughe la mia fronte e curvami
come un pinastro al venteggiar del tempo.
ATENA
(ridendo)
Ti credi ancora biondo, e forte, e dritto
nella persona, come quando ad Ilio
le prue volgesti? Ma dieci anni e dieci