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giovine e forte e con l’acuto colpo,
che mai non falla; e il mio petto difendi
da tutti i dardi, ora che aleggia in questa
casa la morte, starnazzando l’ali!

(poi alza l’arco, lo tende; mira e scocca. La freccia è passata)


I PROCI

(stupefatti)


— Ora le Achee ci piglieranno a gabbo!
Di’! Anfimedonte! E chi sarà costui?
ULISSE

(è avviluppato in un raggio luminoso dall’alto. E da quel bagno di emanazione divina riesce giovane e biondo nella corazza fiammante. Ha gettato la veste cenciosa e grida con voce potente)


Son io, vigliacchi! E c’è con me la Morte!
Non pensavate che Odisseo sarebbe
tornato, cani, e avete messo a sacco
il mio dominio, e vi siete commisti
con le mie ancelle, e volevate unirvi
con la mia donna, e v’unirete’a Morte
soltanto! Ah! Proci! Siete voi che fate
leggi, qui dentro? E nelle vostre mani
son donna e figlio e casa e buoi? Ma i vini
e i rossi lombi e le sgozzate bestie
vi schizzeranno fuori dalla bocca,
e voi cascando invocherete pace
invano, o Proci, chè pei predatori
non c’è più scampo!