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prodromi al diario

adoprato, il fascismo non si sarebbe affermato. Comunque sia, davanti al codice e a questi ragionamenti i fascisti abbassavano i loro manganelli e se ne andavano senza torcerci un capello, con grande soddisfazione dei contadini che dalle loro case spiavano il nostro cancello per vedere cosa sarebbe successo.

Così era avvenuto che fino al 1926 non eravamo stati ancora — e Leo con noi — vittime dirette e neppure testimoni oculari degli abusi e delle violenze che da sei anni il fascismo prodigava alla povera Italia. C’è una grande differenza fra chi ha visto e patito le ingiustizie di un sistema e chi le ha soltanto «sentite raccontare».

Nel 1923, è vero, poco era mancato che all’apertura dell’anno accademico all’Università Leo fosse vittima degli studenti fascisti che, armati, avevano assalito coi pugni e coi calci dei moschetti gli studenti antifascisti, fra i quali Leo, che, inermi, in segno di disapprovazione erano usciti dal-


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