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prodromi al diario

in commerci o in industrie su cui il governo potesse avere una qualunque presa, e pur non essendo ricchi avevamo un tenore di vita tale da poterlo conservare anche al di fuori di proventi esterni.

Ma anche per i guadagni quotidiani eravamo del tutto indipendenti dal governo; i nostri cespiti regolari provenivano da libri o da corrispondenze a giornali politici francesi o americani, a cui il governo poteva difficilmente arrivare. In Italia avevamo, è vero, il «Secolo». Per togliercelo il governo fece comprare il giornale da una società che eliminò il nostro nome dalle sue colonne. Fu un colpo duro, ma duro in questo senso, che ci impediva di «dare», non di «ricevere». Il «Secolo» era per Guglielmo Ferrero una delle sue tribune, non la maggiore, non una fonte di guadagno.

Indipendenti ancora dal governo erano i contatti fra noi e il pubblico. Guglielmo non era e non era mai stato nè professore, nè deputato, nè senatore, nè sindaco, nè consigliere; non dirigeva nè


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