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leo ferrero |
meno artistiche. Qui all’Ulivello non lo avevamo mai visto. Ieri sabato, eccolo apparire verso le due. Un sole terribile, nemmeno i contadini osavano mettersi per la strada a quell’ora.
Entra in studio da papà, comincia a piangere: non vénde più nulla, non trova lavoro, è perseguitato dai fascisti. Vuol spararsi o sparare al capo del governo. Papà lo calma. «Sparare? si dissuada, le cose non cambierebbero. Ammazzarsi? E’ giovane, ecc. ecc.». L’altro si quieta, cambia idea: invece di ammazzarsi andrà a Parigi, chiede a papà indirizzo e commendatizie per Turati, Treves e altri fuorusciti rifugiati a Parigi. Papà indirizzi non ne ha (il che è vero), non sa più niente di loro (il che è vero). Ma se anche li avesse, a che cosa possono servire, a un nuovo venuto, dei rifugiati che stentano a vivere per loro conto?
Il perseguitato dei balisti, nonché povero untorello provocatore, ritorna a Firenze nel camion della polizia!
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