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zione, dal possibile la docilità». E dice: «Possibilitatem ostendit, quum dicit, se dicturum, ea quae mente retinere potuit si enim ipse et alia poterunt». Con che dimostra che non vuol fare l’inverosimile tanto inverosimile da non essere ricordato e espresso e da non irritare il lettore, perchè è altrettanto pruriginoso il meraviglioso quanto è annoiante una stravaganza che per lungo tempo non ha punti di repere con le cose comuni.

Quello che dicevo, dunque, del senso del divino, trova conferma in questi passi.


Gli antecessori di Dante erano come degli architetti che per costruire delle cattedrali non osassero adoperare le pietre e i mattoni con cui si fanno le case. Ma quello che dà a una cattedrale l’aspetto religioso non è il fatto d’esser costruita con pietre speciali, ma d’essere costruita con una combinazione speciale di pietre normali.

Così il divino in Dante è dato dalla combinazione impensata di elementi tutti umani, i quali messi insieme danno un senso di divino. Allo stesso modo un grande scrittore prende dal vocabolario le parole che in sè non hanno alcuna luce, e combinandole in modo impensato, arriva allo stile, cioè a dare l’impressione che vuole.


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