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«In quella parte del giovinetto anno,
Che il sole i crin sotto l’Aquario tempra,
3E già le notti a mezzo ’l dì sen vanno;
Quando la brina in sulla terra assempra
L’immagine di sua sorella bianca,
6Ma poco dura alla sua penna tempra,
Lo villanello, a cui la roba manca;
Si leva, e guarda, e vede la campagna
9Biancheggiar tutta, ond’ei si bàtte l’anca;
Ritorna a casa, e qua e là si lagna,
Come il tapin che non sa che si faccia;
12Poi riede, e la speranza ringavagna
Veggendo il mondo aver cambiata faccia
In poco d’ora, e prende suo vincastro,
15E fuor le pecorelle a pascer caccia...»
Inferno, XXIV, 1-15
Noi abbiamo qui la immagine visiva della brina; la sensazione tattile del freddo che fa tremare il villanello «a cui la roba manca», le sue reazioni materiali e morali, la sua melanconia e alfine la sua gioia davanti al mondo «che ha cambiato faccia».
Più sovente le immagini visive sono abbinate semplicemente a sensazioni uditive
Ciò ch’io vedeva mi sembrava un riso
Dell’universo, per che mia ebbrezza
3Entrava per l’udire e per lo viso.»
Paradiso, XXVII, 4-6
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