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«E qual’è il trasmutare, in picciol varco
Di tempo, in bianca donna, quando il volto
3Suo si discarchi di vergogna il carco....»
Paradiso, XVIII, 64-66
(l’impallidire della donna pudica è adoperato per indicare la rapidità con cui Dante è materialmente trasportato in un’altra stella).
Analogamente Dante è il primo (l’unico?) che usi delle similitudini tratte dal mondo celeste per le cose umane:
«E come il volger del ciel della luna
Cuopre e discuopre i liti senza posa,
3Così fa di Fiorenza la fortuna.»
Paradiso, XVI, 82-84
(la luna immagine celeste l’adopera per le cose umane) mentre per le cose celesti adopera immagini umane:
«Come in peschiera ch’è tranquilla e pura
Traggono i pesci a ciò che vien di fuori,
3Per modo che lo stimin lor pastura,
Sì vid’io ben più di mille splendori...»
Paradiso, V, 100-104
Il movimento degli splendori è paragonato all’accorrere dei pesci.