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Quando si contempla con quella splendida cupidigia, il mondo materiale e l’umano appaiono tutti una concatenata combinazione di simboli, sulla quale il pensiero scivola senza potersi fermare, fino a che s’è perso nel sogno insensato. Non c’è quindi poeta che possa sottrarsi a certe leggi, come l’associazione di idee, e a una certa avarizia, che gli fa ammucchiare gelosamente la sua sostanza dorata. Questo è necessario perchè diventi poeticamente ricco.
Notare che Dante è il primo (l’unico?) che adopera per rendere l’idea di un fatto fisico delle similitudini tratte dal morale. (Ciò è possibile solo a uno scrittore uso alle introspezioni).
«Al mondo non fur mai persone ratte
A far lor prò, ed a fuggir lor danno,
3Com’io, dopo cotai parole fatte.»
Inferno, II, 109-111
(la rapidità di una decisione morale è adoprata per esprimere la rapidità materiale con cui Beatrice si muove per soccorrere Dante).
«E mai non furon strenne,
Che fosser di piacere a queste uguali.»
Purgatorio, XXVII, 119-120
(le strenne — oggetti materiali — sono paragonate alle parole con cui Virgilio annuncia a Dante che vedrà Beatrice)
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