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Molti poeti decadenti, del resto, cercano di comporre soltanto parole armoniose, senza altre preoccupazioni. Ma allora, quale è la misura del bello? Se si applica questo principio in tutta la sua estensione, nessuno potrà dimostrarmi che una pennellata rossa sopra un «Corriere della Sera» è meno bella della Sistina.
E siamo così ricascati nel problema dei principî. La mancanza assoluta di ogni principio anche elementare per distinguere il bello dal brutto e l’Arte dall’Esercizio, è l’origine di questa anarchia.
Ma c’è un limite anche nell’anarchia. Più in là del bolscevismo non si può andare. E avete visto, infatti, che in Russia si cerca di ritornare all’antico sistema capitalistico. E così, anche in arte, sono visibili delle correnti classicheggianti. Ed al classico si ritornerà, senza dubbio, ma non fondando delle riviste o ricominciando a scrivere con l’ortografia del cinquecento. Vedremo, fra un periodo più o meno lungo di stasi, una fioritura di artisti, che potranno essere definiti classici, ma che non ne avranno minimamente coscienza. Per saperlo, dovrebbero, se mai, leggere le storie letterarie di due secoli dopo.
Firenze, 1922.
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