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tutto, i critici moderni si pigliano a pugni sopra un’opera, sostenendo che è una meraviglia o uno scarto; riescono a scovare delle croste, e ad additare, in esse, poiché capiscono tutto, l’impronta del genio, mentre riportano nel sottoscala i veri creatori, noiosi ormai per troppa fama...
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Una confusione simile si ritrova nell’arte del III° secolo dopo Cristo. Divampava allora la lotta fra il principio pagano e quello cristiano. Ma il Paganesimo politeista, l’ultimo sostegno dello stato crollante, era ormai vuoto di senso. E il Cristianesimo non si era ancora affermato.
Non c’era dunque un principio solido, in cui gli uomini potessero trovare un appoggio. E nei tempi di anarchia nasce negli uomini la sete e il disgusto di tutte le fedi. Strana contraddizione, che è il tormento delle civiltà moribonde, per cui l’uomo, cercando disperatamente qualcosa di solido e di certo, e volendolo universale ed illimitato, e quindi impossibile, finisce per non credere più in nulla o per credere con frenesia nella più temporale e limitata delle verità, convinto che sia l’eterna e la perfetta. Le lotte teologiche si ritrovano nell’arte e nella letteratura. Le nuove idee cercano di scalzare le antiche, le quali restano in piedi per forza d’inerzia.
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