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o dell’aria, non sono, benché oggi poco alla moda, disprezzabili. E perciò, secondo questa teoria, da Giotto al Settecento, c’è stata una evoluzione diretta verso il meglio.
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La tecnica non è, dunque, un elemento da buttar via con tanta disinvoltura. La tecnica si identifica con la forma, e non vedo come si possa trascurare la forma in un giudizio estetico.
Tanto più che, non solo in questo ultimo caso, ma anche nei due precedenti, la tecnica serve a esprimere con più grande perfezione le concezioni interiori dell’artista, per cui egli riesce a far veramente più belle, anche nel senso moderno, le opere d’arte.
La tecnica è la somma delle esperienze secolari. Negare il valore di queste esperienze vuol dire tagliare ancora quel filo, che, a dispetto di tutto, lega in mille maniere un’opera all’altra, un creatore a un altro creatore, un secolo a un altro secolo.
E’ facile dire che un quadro di Tiziano è bello, quando si rischia così poco in un giudizio estetico, certamente riconosciuto e ammesso dai più. Ma se un quadro è di autore ignoto, il problema si complica. Perchè è facile parlare di «pieghe», di «toni», di «tonalità»,
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