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Giotto, fenomeno quasi unico nella storia della pittura, ha creato dei maravigliosi capolavori — ma secondo alcuni punti di vista. Se taluno cerca nella pittura l’espressione compieta del sentimento e del dramma, troverà nel Giuda che abbraccia Cristo un’opera di intensità spaventosa. Se ricerca nell’arte la composizione sapiente della forma e l’armonia dei colori, dovrà inchinarsi commosso dinanzi alla Deposizione. Ma se altri vuole la rappresentazione della realtà, apprezzerà intimamente la pittura del Cinquecento. Con quale diritto possiamo noi dire a costui che il suo principio ha meno valore del nostro? La rappresentazione della realtà si è perfezionata a poco a poco, con una somma di esperienze successive, mentre l’espressione dei sentimenti e la composizione dei colori è arrivata al culmine, di colpo, con l’opera di Giotto. Anche tra i Pregiotteschi, si trovano opere che in questo senso hanno raggiunto una grande intensità. Non dicano dunque i critici che la tavola bizantineggiante è «bella», come quella di Leonardo, lasciando a questo aggettivo una equivoca imprecisione; ma dicano: quella tavola, che è arrivata alla stessa forza di espressione e di composizione, è dunque ugualmente bella, se per bella si intende l’opera che raggiunge questi scopi. Ma anche la tesi della rappresentazione naturale, la conquista della luce

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