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per giù come nei quadri i gruppi staccati sono ricomposti grazie alle architetture.

Se, per esempio, un Lenormand si fosse privato del paesaggio africano, per non parlare di tutti gli altri sfondi che colano dolcemente nei suoi paesaggi fino ad impregnarli, mi domando come se la sarebbe cavata. Lenormand, che per lo stile appartiene ai lirici trattenuti, è l’unico di questi in cui il colore abbia un’importanza drammatica. Ma qui non è più, come nell’Artésienne, il pittoresco che trova la sua espressione in certi personaggi, ma sono i personaggi stessi, che a poco a poco scompaiono in seno all’atmosfera, la quale acquista la serietà di un protagonista. Trasportate il Simoun fuori dell’Afriva e il dramma non avrà più scheletro, perchè quello sboccio di desideri carnali, maturato adagio, tra le ombre torpide di un patio, in tutti quegli esiliati consunti, è reso con effetti pittorici di sole, di caldura, di deserto, di paese, insomma, che l’autore sfrutta per spiegare al pubblico i sentimenti dei personaggi quasi attraverso un simbolismo decorativo. Il sole, il deserto, il caldo, sono come tanti cartellini che voglion dire: concupiscenze segrete. Il Deus ex Machina è poi l’Africa.

Ma la via di Lenormand, che può dirsi il re del morboso, non ha niente a che fare con quella degli altri lirici segreti, a cui l’ho riunito solo


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