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ghese e facile, e ogni battuta, presa in sè, non svela nessuna riposta volontà stilistica; ma alla fine, ciò nonostante, lo spettatore non potrà liberarsi da una generica e fluida impressione di unità. Ci sono certi musicisti, come Pizzetti, in cui lo stile è di questo genere.

Queste tre maniere di risolvere il dialogo sono poi le tre maniere di concepire, più largamente, il dramma. Perchè infatti troviamo il dramma lirico, in cui il drammaturgo è, senza dirlo, il misterioso e solo macchinista di tutto l’intrigo, l’unico cantore e ispiratore, che riempie di sè le altre figure, fino a dar loro una vita di seconda mano. Questo autore può rivelarsi, o mantenersi ipocritamente nascosto, spandendosi nei suoi personaggi e facendoli brillare, come il sole dà alle cose la veste illusoria dei colori.

Troviamo poi il dramma di osservazione, in cui l’autore naufraga dentro la fredda inconciliabilità dei suoi personaggi, e non crede che, nemmeno sul teatro, sia il caso di placarla nella sua espressione verbale, con la libertà che gli concede la convenzione dell’arte.

Troviamo finalmente i lirici trattenuti, che son come quei disegnatori sensibili e casti, che non osando e non volendo confidarsi troppo languidamente al calore di un carboncino arruffato in piccoli e sfumati triangoli d’ombre,

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