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sere Victor Hugo: «niente è così suggestivo come un muro, dietro il quale succede qualcosa».

E mi dissi: noi siamo un muro, dietro cui succede qualcosa. Questo è il principio degli intimisti francesi. Ma bisogna rendere questo muro trasparente, in modo che alla soddisfazione di seguire un intreccio, si aggiunga la gradevolezza di entrare di straforo in un mondo nuovo, e di capire il gioco patetico dei sentimenti come per una miracolosa intuizione. Questa è un’illusione per metà cosciente, giacché il pubblico, pur sapendo che quei personaggi gli sono stati chiariti dall’arte dello scrittore, rimarrà stupefatto, quando, a casa, s’accorgerà che gli uomini e le donne non hanno più trasparenza. Si capisce quindi che il borghese, il quale non si dà la briga di fare della psicologia a domicilio, rimanga insensibile allo squisito piacere di una falsa e facile collaborazione. Ma si capisce anche come, se non ci sono grandi attori e grandi pittori, il dramma non riesca a uscire dal boccascena. Quale è dunque il segreto di questa tecnica? La composizione, studiata così, che i piccoli fatti oscuri diventino grandi e luminosi. Questi piccoli fatti, si noti, acquistano forza in quanto sono collocati al loro posto: la prova che questi drammi si reggono soltanto


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