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Allora mi resi conto di un primo elemento del teatro di Jean Jacques Bernard e di Géraldy: la coesistenza di sentimenti e di mosse normali, disancorate dalla zona arcana della vita ordinaria, con la straordinaria fioritura della tragedia.
Intanto, ripensando alla scena che si era svolta in quel breve passato, dovetti considerare con malinconia che nella vita c’è povertà di grandi manifestazioni — giacché, quell’addio, glielo avevo detto proprio come se fosse stato un addio di un giorno per l’altro. E ora a studiarmi questo miserabile addio tutt’al più ebdomadario, e pensando alle impossibili sfumature che in verità sarebbero d’obbligo a chi vive con civiltà, mi rincresceva.
Allora ricordando le innumerevoli scene sciupate del mio passato, con la nostalgia dei rimedi tardivi, stabilii dentro di me che le nostre parole e il nostro gesto non sono mai proporzionati alta gravità del sentimento, e restano indifferenti come se, non sgarrando dal ritmo comune delle cose corse e mostrando di disinteressarsi di noi, ci volessero persuadere che non c’è ragione di credere a un mutamento.
Di questo resi responsabile la malignità della vita, perchè questa mancanza di proporzione tra il nostro pensiero e le nostre parole ci fa
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