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avviluppato (si trattava di far colpo, nient’altro) il precedente letterario. Chi è? Dostoievski.
CLAUDE. — Dostoievski è teatrale, non cinematografico.
GIOVANNI. — E’ anche teatrale, lo ammetto. Ma è più ancora cinematografico. Stammi a sentire, senza spaventarti di questa domanda, che ha l’aria d’esser fuori chiave. Hai mai cercato di disegnare il profilo di una persona, sulla sua ombra? Alle volte si vede un’ombra così nera e ben sagomata, distesa sul muro come ci fosse ritagliata, che vien proprio voglia di ricalcarla sopra una carta, che sprofonda misteriosamente sotto il modello. Almeno, a me questa voglia è venuta spesso. E ho provato. E tu?
CLAUDE. — Anche a me. Ma io non ci son mai riuscito. Il modello, ti dico, era immobile come un macigno, non trasaliva, non sospirava; ma l’ombra, chè, aveva un così buffo altalenio sul muro, col ritmo del respiro, che mi sembrava di inseguire una barca sulle onde.
GIOVANNI. — Appunto. Neanche a me è mai riuscito cavare un ragno da un buco. Inseguivo l’ombra col foglio, ma non riuscivo mai a riquadrarla, e quando, alla meglio, avevo chiuso una testa in un contorno intero, non ritrovavo sulla carta che degli strani segni tremolanti. Questo però m’ha fatto capire che la nostra im-
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