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Morto Guido nel 1497 Lodovico il Moro per dimostrare ai figli di lui la continuazione del suo affetto, li confermò tutti e tre nella carica di castellani di Trezzo. Determinò tuttavia che vi dovesse risedere uno solo di loro, cioè Filippo, giovine che per l’età non aveva, a detta del principe stesso, l’esperienza richiesta per tale officio. Per supplire a questa insufficienza, e ad un tempo as-
consueti in simili casi, ci pare degno d’essere riportato per i principe amministrativi a cui accenna. Eccone la traduzione. «Benchè sembri talora determinazione imprudente l’affidare ad un solo più impieghi e diversi di grandissima importanza, perchè ciascun affare vien trattato più agevolmente e con più sicurezza da apposita persona, e la prudenza di un solo non suol essere capace di molte cose; tuttavia noi sempre giudicammo, e pure adesso giudichiamo, che più ci convenga, ogni qual volta le cose possono eseguirsi in varii tempi, che siano amministrate e trattate da tal persona la quale, per avere già sostenuto altissimi offici, dimostri di possedere la solerzia e la prudenza di molti; anzichè impiegarvi li ingegni e i consigli di parecchi che bisogna sieno eguali per fede, diligenza ed impegno, e abbiano un’unica e solida prudenza; vedendo noi, che non solo molte cose possono essere rette assai acconciamente e vantaggiosamente da un solo uomo, ma che un solo moderatore può altresì abbracciarne e governarne ottimamente moltissime e grandissime ed anche a un tempo solo. Conoscendo adunque, non per congettura, ma per esperienza, essere il reverendo Guid’Antonio Arcimboldo arcivescovo di Milano e nostro consigliere carissimo largamente fornito di tutte quelle doti che si possono desiderare in più uomini, non potendo trovarsi in alcuno altro maggior fede, una più esatta diligenza, un più ardente amore, una più perfetta prudenza, pensammo dovere senz’altro prepor (sebbene sostenga altri grandissimi offici), a quegli affari che, contenendo il nerbo del nostro Stato, vogliono perciò essese trattati e curati da un uomo solo e della tempra di cui conosciamo essere il signor arcivescovo, nel quale confidiamo come in noi stessi. A tal classe di affari appartenendo il governo della rôcca di Trezzo, noi colla presente lo nominiamo castellano, ecc. ecc.».