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di Trezzo, ricordando loro che erano stati costituiti castellani e custodi della rôcca e dei due castelli col mensuale stipendio di 150 ducati d’oro. L’accennato assegno era garantito su le entrate dei dazi della dogana, della mercanzia e delle grascie di Trezzo e Pontirolo.
Bella ci pare la risposta che Bonifacio e Rizzardo mandarono poco dopo (il 21 di febrajo del 1452) al duca Francesco per smentire alcune lagnanze a lui pervenute intorno al loro governo. Ben alieni dal torre il sangue e la roba ad alcun suddito, come era accaduto in altre terre, quei feudatarj dichiarano di credere che non solo ad esso duca, ma a tutti li abitanti dei dintorni di Trezzo fosse assai largamente manifesta la fama loro e de’ loro maggiori, come di signori che avevano sempre stimato ed apprezzato l’onore più dell’avere: soggiungono quindi esser ben vero che, come teneri del bene e della sicurezza dello Sforza, avevano punito i frodatori delle biade, pensando fargli cosa assai grata, ed avevano allibrati tutti i beni immobili de’ borghesi, affine di ripartire su di essi qualche carico per l’erezione di un muro a Castelvecchio già principiato al tempo del duca Filippo Visconti per salvezza d’ambedue i castelli1.
- ↑ Non senza qualche meraviglia vediamo che per una mera dimenticanza del duca, i castellani di Trezzo avevano da lui ottenuto anche la facultà di concedere salvocondutti alle ville e a’ luoghi dell’Isola Bergamasca. Avea infatti lo Sforza già promessa in altra occasione tal facultà a Bartolomeo Colleoni. Memore questi del suo diritto, non indugiò allora a riclamare, e il duca, per non parere