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marchese di Ferrara, nel settembre del 1449 mandò uno de’ suoi travestito a capitolare col castellano di Trezzo, ed avviò pure negoziati cogli ambasciatori di Como venuti al suo campo. Carlo Gonzaga gli si unì con quattordici squadre e mille fanti. Francesco Piccinino era ammalato. Insomma conchiudeva il marchese che la prosperità dello Sforza era sì innanzi che ormai tutta Italia insieme più non gli poteva togliere l’ambito ducato, ma il solo Iddio1.

Alcuni Milanesi (22 di novembre) trattavano di vendersi ai Veneziani, partito che trovò un gagliardo oppositore in Teodoro Bossi. Trezzo rimaneva ancora in potere dei Milanesi, e per ciò lo Sforza, non volendo indugiare ad impadronirsene, fece grandi profferte a quei castellani che erano i nobili fratelli Bonifacio, Ricciardo, Roberto ed Isopino Villani. Scarso per altro fu il frutto della pratica; perocchè ben potè da quelli ottenere che non lasciassero passare il fiume ad alcuno, nè milanese, nè veneto; ma nulla più, non volendo i Villani esporre al pericolo di sevizie da parte dei Milanesi alcuni loro parenti che dimoravano nella metropoli. Maggiori speranze gli diede Fermo da Landriano castellano della rôcca minore al di là dell’Adda, dove si stava costruendo un ponte di legno per trasportarvi l’esercito dei Veneti e le vittovaglie. Anzi ad incoraggiare quest’opera si portava colà ogni giorno, insieme co’ suoi maggiori officiali e Commis-

  1. V. Lettera di Nicodemo Tranchedino allo Sforza nella corr. cit.