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cortisi dell’inganno, per cogliere il nuotatore, tesero intorno al ponte delle reti, nelle quali egli rimase a guisa d’un pesce impigliato. Quel prode infelice di cui la storia tace il nome, fu crudelmente condannato a starsene una intiera notte (e correva la stagione jemale) legato nudo sul ponte, sicuro di ottenere la libertà e la vita, se fosse sopravissuto; ma il misero, prima che spuntasse il giorno, morì di freddo1. Stringendo ognor più l’assedio del castello, il Carmagnola commandò che si avvicinassero alla piazza alcune grossissime macchine inventate dal celebre maestro Bernardo da Provenza. Avvedendosi poi che esse poco danno recavano al forte, fece piantare quattro mangani, per mezzo de’ quali vi lanciava pietre perfino di cinquanta libre. Tuttavia il castello non si sarebbe ancor reso, se non riusciva ai Milanesi di prender d’assalto un fortino2 (in cui rimase prigione un Paolo Colleoni), posto fra il fiume e le mura di Castel Vecchio. Ma vedendo però il Carmagnola che i Colleoni senza sgomentarsi proseguivano in una pertinace difesa, indispettito più dell’onta che del danno, fece rizzare di rimpetto al castello una forca e condurre colà Paolo col capestro al collo. Intimò quindi ai Colleoni di arrendersi, altrimenti avrebbe fatto tosto impiccare il prigione, dichiarando di ri-

  1. V. Ronchetti, opera citata, t. VI, pag. 48.
  2. Donato Bosso ed il Corio concordano nell’assegnare questa presa al 2 di genajo del 1417.