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Ciò conchiuso, il Castello di Trezzo venne dato in potere di Pagano della Torre vescovo di Padova. Langosco di Fissiraga e Napino della Torre si ritirarono a Bergamo, asportando seco dal medesimo forte quanto vi avevano di più prezioso.

Rappacificatisi i Torriani anche coi Visconti, fu stabilito, fra le altre cose, che Matteo non lascerebbe inquietare nè dal Commune di Milano, riè da altre republiche i fratelli dell’arcivescovo Cassone sopra la giurisdizione di Trezzo, Vaprio, Bregnano oltre Adda e Castelletto — che colle sue forze agirebbe in modo che il castello e la torre e il territorio di Trezzo rimanessero all’arcivescovo ed ai suoi fratelli — e, per quanto gli fosse dato, difenderebbe i loro beni. Ma lo scaltro Matteo, il quale aveva già fermo in cuor suo di sciogliersi da questa alleanza, accusò i Torriani come ribelli alla corona imperiale; sicchè Enrico VII non solo li abbandonò, ma protesse i loro nemici. D’allora in poi tutti li sforzi dei Torriani per riacquistare il dominio tornarono inutili. Questo illustre casato, geloso delle popolari franchigie, visse a Milano da semplice privato, cadendo a poco a poco nell’oscurità.

Galeazzo; assunto l’anno appresso al sommo potere, s’impegnava tosto in una guerra col papa (febrajo 1322). I capitani pontifici con la loro milizia di fresco raccolta tentarono di passar l’Adda a Cassano, a Vaprio, ed a Trezzo. Dopo alcuni scandagli scelsero il guado di Bagna, due millia sopra