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Un tale stratagemma, che accrebbe le sue forze, gli giovò non poco per impadronirsi in breve dei castelli di Cassano, di Vaprio e di Trezzo non solo, ma anche dell’alta Brianza e del Piano d’Erba. De’ varii prigioni fatti in quella pugna sanguinosa e tradutti nella rôcca di Trezzo, Cassone rimandò liberi i Milanesi, e rinchiuse nella Torre Nera di Barbarossa i Comaschi, mettendoli poi crudelmente a morte per vendicare l’ignominioso fine di Napo Torriano nella torre di Baradello.

In tale frangente l’arcivescovo Ottone Visconti non ebbe altro scampo che di ricorrere al marchese di Monferrato, il quale sul principio del 1279 con l’esercito de’ Milanesi si trasferì a Trezzo e poi a Vaprio, dove trovò il nemico preparato a resistergli vivamente. Poco dopo, il marchese, avvertito da una falsa spia che Vaprio era quasi sguernito di truppe, corse ad assalirlo; ma accortosi, dopo gravi perdite di uomini, d’essere stato ingannato, ritornò a Trezzo. Qui coi nuovi soccorsi sopragiuntigli potè impadronirsi del castello ed occuparsi a ristorare il ponte.

In allora Beltramo Greco e Alberto d’Imola, ambasciatori di Bergamo, venuti a Trezzo, proposero al marchese di stabilire coi Torriani una tregua, la quale ebbe luogo il 24 di genajo. Bello era il vedere allora gran numero di Milanesi visitare i Torriani, pei quali nutrivano una forte simpatia. Ma ciò non piaceva al detto marchese che alla fine con una mazza percoteva qua e colà i Torriani, loro