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chese Giacomo Trivulzio, appajono già i due contadi come dipendenti da un solo vicario. E quindi verisimile che il territorio fra l’Adda e la Molgora fino al Lodigiano, e di cui Trezzo era capo luogo, costituisse appunto il contado della Bazana.
I due contadi concentrati crebbero in processo di tempo fino ad occupare tutto l’agro milanese a mezzogiorno, levante, tramontana, restando alla città i soli corpi santi. Tuttavia Giovanni Galeazzo Visconti signore di Milano, con editto del 12 d’ottobre del 1385, assegnò al governo del podestà di Milano una zona larga più millia verso la capitale, togliendola alla giurisdizione di quei contadi rurali. Dalle unite Martesana e Bazana levò egli le pievi di Bruzzano e di Bollate, una buona parte di quelle di Desio, di Gorgonzola e di Vimercate, la corte di Monza e le pievi di Merate, Segrate, S. Donato, S. Giuliano di Locate, Settala, Rosate e Decimo, poi di Binasco nel governo laico, e di Lachiarella nell’ecclesiastico. Quanto alle pievi che prima erano del contado proprio di Milano e furono poi occupate dalla Martesana e della Bazana, non si può distinguere quelle che appartenevano alla prima o alla seconda; il che vale anche per l’altre aggregate al Seprio ed alla Bulgaria.
La denominazione di contado della Martesana e della Bazana vigeva ancora a’ tempi di Carlo V, ma il nome principale a poco a poco restò solo, per il che, all’epoca in cui scriveva il Giulini, quello di Bazana era quasi ignoto.