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ampia raccolta, se varie non fossero apparse sotto altro nome; alcune da lui concesse a leggere agli amici senza più farne ricerca, e altre in fine dall’autore stesso per incuria non conservate, o smar-
Deh come ardendo, in questo dì festevole
Poi che le vede al tuo saper fidate,
Di te ragiona, e del novello auspicio
Coll’anime beate!
E in Dio confiso a te più lunghi e nitidi
Supplica i giorni della speme, e a Quello
Che di virtudi peregrine ed inclite
Fa l’ostro ancor più bello...
Salve, salve, o aspettato! . . . Ecco per l’aere
Già vicino ondeggiar l’osanna e il viva,
E la prona iterarlo Adda girevole
Dall’una all’altra riva.
Salve una volta ancor! Nel grido unanime
Che plaude fragoroso al ben venuto,
Ben io vorrei che inascoltato od ultimo
Non fosse il mio saluto:
Ma nella voce, già si pronta, or languida
Un non so che di flebile risuona;
S’io mi ritraggo dai comun tripudio,
Savio Pastor, perdona.
Che rediviva una feral memoria
Mi sorge innanzi, e in cor si fissa e dura!
Nel gaudio altrui più grave e immedicabile,
Sento la mia jattura.
Deh! tu, quando saluta in suon patetico
La squilla della prece il di che muore,
Deh! tu pietoso il lacrimato cenere
Spargi di qualche fiore.
Una corona troverai sul memore
Sasso le sculte ombrar sincere note;
Non la toccando, penserai: Qui pòsela
Oggi il suo buon nipote.