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anche dell’ingegnere Richini, affinchè il castello fosse rivolto ad usi manifatturieri. Aggiungevano inoltre l’Odescalchi e il feudatario Ambrogio Cavenago il progetto di erigervi uno spedale a commodo dei contadini poveri, massime per li attaccati dalla pellagra. Ma tutti questi disegni non furono approvati dal governo per la forte spesa richiesta dagli adattamenti. Levato il presidio (2 di febrajo del 1783) e cessato quindi anche l’obligo di consegnare ogni sera la chiave del porto di Trezzo al commandante della fortezza, si ordinò al portinajo che in appresso la consegnasse al ricevitore finanziario incaricato di aprire il porto ogni matina.
Poco dopo (2 di giugno) il castello e i suoi annessi furono effettivamente venduti dal commando generale militare al tenente don Giovanni Taverna per il prezzo di milanesi lire 21,8401. Non erano passati due mesi (29 di luglio) che il nuovo possessore rivendeva alla sua volta il castello a don Giovanni Bianchi per lo stesso indicato prezzo, col l’aggiunta però dell’adeale di 170 gigliati2.
Cinque anni appresso il Bianchi lo alienava al signor Alessandro Guinzoni per il prezzo in una parte di lire 6000, e per l’altra di un’annua vitalizia prestazione3. Il 25 di genajo del 1798 il Direttorio esecutivo scriveva al gran Consiglio che,