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L’anno appresso Eugenio di Savoja cambiò faccia alle cose. Giunta la novella del trionfo degli Imperiali anche a Pizzighettone, il 26 di ottobre la fortezza capitolò, e i pochi Francesi del presidio si ritirarono con armi e bagagli a Cremona. Dopo due anni e mezzo di prigionia restituivasi alla libertà il Pagani, che, condutto in gran treno al campo, fu accolto dal duca di Savoja con istraordinarie dimostrazioni d’onore. A Lodi era ospitato dal vescovo Ortensio, e applaudito dalla popolazione. L’ultimo del mese entrò in Milano accompagnato da molti nobili e mercanti a cavallo, a cui s’aggiunsero diversi ministri e cavallieri che mossero ad incontrarlo fuori della città. A Porta Romana la civica milizia lo salutava con replicati colpi di moschetteria. All’entusiastica accoglienza dei concittadini sottentrarono le congratulazioni de’ sovrani, duchi e duchesse, dei ministri e generali austriaci. Vittorio Amedeo, scrivendogli, si firmava il suo migliore amico. Ma il vecchio senatore, più che siffatte dimostrazioni, ambiva onori e ricompense. Ridomandò quindi la carica di Reggente del Consiglio d’Italia e l’ottenne; non così però li arretrati dalla morte del Casati suo antecessore che ammontavano ad ingente somma. Parendo a Carlo III eccessiva cotale pretesa, s’appigliò al mezzo termine di assegnargli 2000 scudi annui fino al conseguimento d’altro posto. L’ambizioso continuò quindi ad inviar suppliche al re per una più onorifica promozione, mostrando sempre desi-