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Intanto la gente, avvertita come per incanto, rifluiva nel caffè a udir la bella venezianina. Lo Zuane si trovò subito in mezzo a un gruppo di persone.

La signora si pose al piano. Io ero in piedi vicino a lei; potevo vedere il leggero tremito delle sue mani, l’inquietudine delle sue labbra. Mi chinai per dirle all’orecchio che avrei potuto pregare l’allievo del Conservatorio di accompagnarla. Scosse il capo nervosamente e incominciò subito, con mano sicura, il preludio. Prima di finirlo, mi diede un’occhiata come per dirmi: «Le pare?»; come per mostrarmi il suo viso pallido, ma risoluto.

Vorrei poter esprimere la timida dolcezza accorata del suo canto quando incominciò sottovoce:

Pietà, Signore,
  Di me dolente.