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tassero via le montagne di musica e si accomodassero gli sgabelli. Altissimo della persona, si teneva immobile ed eretto come una statua d’imperatore antico, levando sopra noi tutti la faccia più marmorea e tragica ch’io abbia incontrato mai. Era una faccia color di cera, senza un pelo, dal naso scultorio, dall’austera fronte imperiosa, piena d’anima sopra gli occhi sinistramente chiusi, piena quasi di un arcano sguardo che vi si spandesse sotto, cercando uscita.

Non c’era moltissima gente, perchè la società dell’Hôtel Ravizza non aveva osato affrontare il vento e la neve. La signora Fedele era là, nel suo cantuccio favorito. Guardava il cieco, ma non accennava di volerlo accostare.

Nei brevi momenti della mia visita allo Zuane e del tragitto all’albergo, lo avevo udito parlar dell’arte sua con la