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tita. Ci dividemmo rapidamente. Subito dopo, il padrone dell’albergo venne a fare pubblicamente le scuse del concertista, signor Zuane, impedito dalla indisposizione di sua figlia, che doveva accompagnarlo anche al piano. Lo stesso signor Brocco ci informò poi delle tristi condizioni di questo pover’uomo, che, senza il concerto, non saprebbe come pagare lo scotto dell’infimo albergo dove alloggiava. Le signore, impietosite, mi pregarono d’andarlo a pigliare. Un valente allievo del Conservatorio di Milano s’offerse di suonare con lui.

Partimmo subito, il giovinetto ed io, pieni di zelo. Il cieco signor Zuane ci accolse con gratitudine dignitosa, con grave cortesia da re in esilio, parlando un italiano floscio che affondava ogni momento nelle mollezze del mio dialetto natio. Era insieme comico e triste udirlo