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il fiasco del maestro chieco 117

zanna a vuoto, dicendo sottovoce: — asino! E continuò con una diabolica rapidità, crescendo: — cane, brigante, assassino, ragionàt! — aperse quei suoi carboni sfavillanti d’occhi, saltò in piedi sul letto ballonzolando e gridando come un ossesso: — Entrate, o Purganti di Castel Porcino, entrate a vedere il principe degli straccioni che, se non si crepa, non viene! — e si pose a tirarmi tutto che aveva sul letto, mentre entravano ridendo la tonda signora Purgher e la serva. Colei incominciava a scusarsi meco della burla quando Chieco, non avendo altro nelle mani, fece atto di tirarmi la camicia. Fughe, strilli e risate; restammo soli.

Chieco saltò dal letto, corse così com’era, scalzo e in camicia, a pigliar il suo violoncello e, sedutosi in faccia a me, se lo piantò fra le gambe, attaccò