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106 | ercole luigi morselli |
poi disse: — Ah! È una detestabile follia, questo benedetto amore, che c’entra in corpo una volta all’anno e ci toglie ogni nostra dignità, e ci fa rassomigliare alle boccie d’un pallaio. Che roba! non mi ci far pensare se no, addio appetito!
Tre passi più in là sbucava una talpa.
— E tu che ne pensi dell’amore?
— Oh! — esclamò piena di entusiasmo: — Non è forse l’amore che riempie di talpe il mondo?!
Per meditare sopra queste poche ma in verità notevoli parole della talpa, pensai di buttarmi a giacere sotto un bel castagno.
Allora vidi sul mio naso un ragnolino peloso correre lesto lesto dalla sua mamma la quale siedeva con moltissimo sussiego in mezzo alla sua gran tela.
— Mamma, — disse il ragnolino, — mi racconti una favola?
— Ti racconterò la favola dell’uomo, sei contento? — disse la mamma.
— Sì! Sì! Sì! — disse il ragnolino.
«Allora, dunque — incominciò la mamma — devi sapere che noi ragni non eravamo nati per menar questa travagliata vita che meniamo ora.
«Quando Giove ci creò, ci mise in un paradiso, e questo paradiso era la testa dell’uomo. L’uomo, figlio mio, è una bestia con una gran testa rotonda, e dentro era tutta piena di mosche. Figurati un po’ che vita felice era la nostra là dentro!
«Ma noi eravamo troppo ghiotti e mangiavamo proprio da scoppiare.
«E quando Giove s’avvide di questo, si sdegnò grandemente; e per punirci mandò sulla terra la donna, e questa sapeva certe parole magiche che sof-