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parte prima. 81

Fausto. E perchè non esci per la finestra?

Mefistofele. È legge de’ diavoli e degli spettri, che di dove e’ si sono cacciati dentro, di là sbuchino fuori. L’entrata è libera, ma l’uscita è d’obbligo.

Fausto. Laonde anche l’inferno ha le sue leggi? Io ne son lieto; perocchè, chi facesse patto con alcuno di voi, n’andrebbe sicuro, non è vero?

Mefistofele. Tu godresti largamente di quanto li fosse promesso; non te ne sarebbe carpito un menomissimo che; ma non è lieve cosa a comprendersi; e di ciò pure si vorrà parlare in tempo più comodo. Ora io li riprego quanto so e posso che tu voglia mettermi fuori.

Fausto. Rimanti un altro poco, ch’io voglio che tu mi faccia la ventura.

Mefistofele. Deh, scioglimi, ch’io torneró fra breve, e tu potrai allora interrogarmi a tua posta.

Fausto. Io non ti ho teso gli agguati; ti sei allacciato da te; e chi tiene il diavolo lo custodisca, chè non gli verrà fatt di ripigliarlo così di leggieri.

Mefistofele. Perchè li piace, eccomi disposto a starmene teco; con tal patto ch’io potrò fare le mie arti per tuo dolce passatempo.

Fausto. Fa che vuoi, ch’io sto volentieri a vedere: sol bada che coteste tue arti sieno sollazzevoli.

Mefistofele. I tuoi sensi, amico, faranno maggior tesoro in questa breve ora, che non altrimenti nel pigro giro di un anno. Quanto i leggiadri miei spiritelli ti canteranno, le belle visioni che ti porranno innanzi non sono ombra e giuoco di magia. Tu t’inebbrierai di odori, delizierai fra sapori, e immestirai