Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/87


parte prima. 79

dunque tutto ciò che voi uomini dite peccato, distruzione, quel che in somma chiamate male, è mio special elemento.

Fausto. Tu di’ che sei parte, e nondimeno mi stai innanzi intero.

Mefistofele. Io ti parlo modestamente il vero. Se l’uomo, quella meschina congerie di pazzie, si dà ad intendere ch’egli sia un tutto; io son parte della parte che nel principio era ogni cosa: son parte delle tenebre che partorirono la luce; quella luce che, salita in orgoglio, ora contende la prisca dignità e i campi dello spazio a sua madre la notte. Ma indarno par sempre, comechè vi si affatichi; e impedita lambe le forme dei corpi, scaturisce dai corpi, non abbellisce che i corpi, ed è dai corpi attraversata nella sua via; laonde ho speranza che non durerà lungamente, e le bisognerà coi corpi perire.

Fausto. Ora conosco il tuo degno ministero. Tu non puoi annullare niuna cosa di grande, e però te la pigli con le minuzie.

Mefistofele. E, per dir vero, io non ho fatto gran lavoro insino a qui; questo non so che cosa, che si oppone perpetuamente al nulla, questo massiccio mondo, per mille prove ch’io abbia fatto, non ho ancor saputo in nessuna guisa azzannarlo. Vi ho adoperato e tremuoti e procelle, e diluvi ed incendii; e terra e mare si ricompongono pur sempre nella quiete di prima. E nè pure ho saputo dare alcuno storpio a questa dannata semenza degli uomini e de’ bruti! Quanti non ne ho io già seppelliti di costoro! e sempre circola nuovo e prospero sangue; e tutto tira innanzi di modo, ch’io sono talvolta sull’impazzire.