Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/78

70 fausto.

Vagner. Come potete voi dar luogo a simili affanni? Forse non basta che un uomo da bene eserciti in buona coscienza, e senza preterirne un sol punto, l’arte che gli fu affidata? Se da fanciullo onori tuo padre, tu hai caro di essere ammaestrato da lui; e se da uomo allarghi la scienza, tuo figlio potrà sorgere ancora più alto di te.

Fausto. O fortunato chi può sperare di non sommergere in questo pelago di errori! L’uomo sente bisogno di ciò che non sa, e non può far uso di quello che sa. Ma via, non turbiamo con sì tristi pensieri la soavità di quest’ora. Guarda colà come quei casolari sfavillano di mezzo al verde agli ultimi raggi del sole. Egli va oltre e vien meno; il giorno è vissuto. Ma per di là si affretta a rallegrare altre vite. Oh, perchè non ho io ali da levarmi alto di terra e tenergli dietro, sempre dietro infaticabilmente? lo vedrei sotto di me il tacito mondo continuamente saettato dai raggi della sera; infocarsi ogni vella, oscurare le valli, e l’argenteo ruscello mutare in oro le sue correnti. Nė la selvaggia montagna coi mille suoi gioghi romperebbe la mia foga, istancabile come il volgersi delle sfere. Già il mare scopre dinanzi a’ miei attoniti sguardi i roventi suoi golfi: il luminoso dio pare omai presso a tuffarvisi, ma io mi sospingo innanzi con maggior impeto, e seguo a bere l’eterna sua luce. Dinanzi a me è il giorno, dietro a me la notte, sul mio capo il cielo, e sotto l’oceano. Soave sogno! e, com’esso, il sole intanto si dilegua. Ahi, non è ala corporea che possa gareggiare coll’ali della mente. E nondimeno ogni uomo si sente nascer dentro una naturale vaghezza di muovere in