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parte prima. 69

violini ammutiscono e si riposa la danza. Tu te ne vai, e tutti si ritraggono e ti fanno ala; le berrelle volano in aria, e per poco non si mettono in ginocchio come se passasse il Santissimo.

Fausto. Vieni oltre pochi passi sino a quel macigno, e quivi ci riposeremo della nostra via. Qui spesso io mi sono seduto solo, pensoso, macero dai digiuni e dalle orazioni; e qui ricco di speranza e fermo nella fede io mi pensava di poter pure colle lagrime, co’ gemiti e lo storcermi delle mani impetrar dal Signore la fine di quella mortalità. Ora il plauso di queste genti mi stride all’orecchio, simile ad uno scherno. O potessi tu leggere nel mio animo quanto padre e figlio sieno indegni di cosi fatto onore! Mio padre era un uomo da bene, ingegno corto, il quale a fine onesto, ma alla sua guisa, almanaccava notte e di intorno a la natura e l’eterno suo corso. Egli si chiudeva con alcuni adetti nella sua nera officina, e quivi con la scorta di ricette senza fine attendeva a mescere i contrari. Un lione rosso, amante senza ritegno, era maritato al giglio entro un tepido bagno, e quindi ambidue a fuoco scoperto tormentati e affaticati di talamo in talamo. Allora appariva nel vaso la giovinetta regina pezzata di vivi colori, e quella era la medicina, e i pazienti morivano, e niuno domandava chi fosse guarito. In tal modo con diabolici lattovari noi abbiamo per valli e per monti fatto a gara con la peste, e vintala di assai negli sterminii. Io medesimo ho dato bere il veleno alle migliaia. Ei se ne sono andati, e a me è toccato di sopravvivere affinchè l’impudente omicida fosse esaltato.