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parte prima. 59

Ora vien giù, nitida, cristallina tazza, alla quale io non ho da tanti anni pensato; esci della tua vecchia custodia. Fu un tempo che tu splendevi nei giocondi banchetti de’ miei padri e rasserenavi gli ospiti pensosi che ti mandavano in giro con vicendevole invito. Tu mi fai ricordare di assai notti della mia fanciullezza, quando ciascun bevitore era in debito di svolgere in rima il vario e mirabile lavoro delle tue immagini, e tutta votarti in un tratto. Ora io non li porgerò a nessun commensale; nè le tue scolture metteranno a prova il mio ingegno. Qui ė un liquore che subito inebbria; egli stagna tetro nel tuo fondo. Orsů, sia questa l’ultima mia bevanda: io l’ho preparata, io me la scelgo, e con tutta l’anima la porto in solenne e festivo brindisi al nuovo mattino. (Si pone la tazza alla bocca.)

Suono di campane e canto di Cori.

Coro di Angeli. Cristo è risuscitato! Sia gioia a’ mortali, allacciati nell’afannosa, ereditaria, inevitabile colpa.

Fausto. Qual cupo tintinnío, quale allegro concento mi rimuove a forza il nappo dalla bocca? Annunziate già voi, roche squille, la prima festiva ora della Pasqua? E voi, cori, cantate già voi la consolante salmodia che un tempo si diffuse dal labbro degli Angeli intorno la notte del sepolcro, testimoniando la nuova alleanza?

Coro di Donne. Noi l’abbiamo con amore sparso di aromati e quivi entro coricato; noi, sue fedeli,