Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/63


parte prima. 55

vi faccia alcuni quesiti. Mi sono tuffato negli studi; e nel vero io ne so molto, ma io vorrei tutto sapere. (Parte.)

Fausto solo. Vedi, come la speranza non diserta mai quel povero cervello che non si nutre che di scempiezze. Costui scava con mano ingorda il terreno cercando tesori, e giubila lutto se diseppellisce un vermicciuolo.

E la voce di un simil uomo ebbe ardire di risonare qui dove poc’anzi era tutto pieno della presenza degli Spiriti? E nondimeno questa volta io li ringrazio, o miserabilissimo de’ mortali, però che tu mi hai sottratto dalla disperazione che già giả stava per sovvertire il mio intelletto. Ahi, quella visione fu di tanta grandezza, ch’io mi sentii tutto rimpicciolire come un nano.

Io che, superbendo della mia divina immagine, giả credeva d’affacciarmi allo specchio dell’eterno vero; e svestito il mio mortale, ed immerso nello splendore del cielo, già esultava di me in me medesimo; — io che già sognava di essere da più de’ Cherubini, ed entrato nelle vive correnti che alimentano l’universo, già risaliva per esse alla prima lor fonte, e vi attingeva virtù di creare, e godeva della vita degl’immortali, — ahi, che dura ammenda io debbo ora fare della mia tracotanza! Una folgorata parola mi ha impetuosamente ributtato indietro.

Oh, io non mi attenterò più di pareggiarmi a te! Chè, se io ebbi forza di attrarli, io non ebbi forza di ritenerti. In quel beato momento io mi sentiva sì picciolo, e ad un tempo sì grande! — e tu mi hai tremendamente risospinto nella fortunosa condi-