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FAUSTO.




Notte.


Stanza gotica a vòlta alta ed angusta.


FAUSTO inquieto sulla seggiola dello scrittoio.


Fausto. Oimè, io ho oramai studiato filosofia, giurisprudenza, medicina, e, lasso, anche la grama teologia! e d’ogni cosa sono andato al fondo con cocente fatica. Ed ecco, povero pazzo, ch’io ne so ora quanto innanzi. Mi chiamano maestro, chiamanmi anche dottore, e già da dieci anni io meno, di su e di giù e per lungo e per traverso, i miei scolari pel naso; e veggo manifesto che noi non sapremo mai nulla! Ahi, io ne avrò rapidamente consumato il cuore! Per verità, io passo di dottrina tutti quanti i cianciatori, dottori, maestri, scrivani e preti; nè io sono tormentato da dubbi o da scrupoli; nè l’inferno nè il diavolo mi dà paura. Ma e ogni gioia si è pure partita da me: non più io presumo di conoscere alcuna cosa di vero; non più presumo d’insegnare alcuna cosa che mai valga a ravviare e condurre gli uomini a bene. Oltre di che, io non ho nė poderi nė oro, nė onori nė dignità nel mondo. — Un cane non potrebbe lungamente durare simil vita. —