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510 | fausto. |
Nell’aër diradato
Batte, salendo a vol, rapide l’ale;
Del Paradiso appena
Il sacro limitar tocca col piede,
Tramutarsi in Arcangiolo si vede,
Come di tratto in tratto
D’ogn’impaccio terreno ei si disveste!
Giovin qual pria rifatto,
Beltà tutta celeste
Lo adorna, e di fiammante
Velo ricinge le sue membra sante.
Oh! dammi, dolce Madre, oh! dammi il vanto
D’apprendergli il tuo santo
E puro amor, chè inferma ha la pupilla
Pel vivo raggio che quassú sfavilla!
Mater Gloriosa. Più alto ognora
Vêr la divina
Sfera sen va;
Senza dimora,
Se l’indovina,
Ti seguirà.
Doctor Marianus, boccone sul suolo pregando.
In que’ soavi e cari
Sguardi onde solo vien grazia e salute
Ricerchiam la virtute
Che meglio il cor prepari,
Si che le eterne fiamme in sè ricetti;
Si che gli umani affetti
Volgansi verso le con fede viva,
Vergine, Madre, Imperatrice e Diva!
Propizia a noi ti mostra
Dalla sublime lua stellata chiostra.