Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/499


parte seconda. 491

        In laudi e cantici
        L’ardor disfoghisi
        Che il gaudio inspira!
        Azzurro è l’etere,
        Alfin respira
        L’alma fedel!

(S’ergono a volo, seco recando la parte immortale di Fausto.)

Mefistofele, volgendo intorno lo sguardo.

   Ed ora, ove son elli? — O sciocco, o zotico!
   Che da breve drappel così sorprendere
   Di fanciulli ti lasci! osserva! e’ fuggono!....
   E quel tesoro colassù si portano
   Cui mal sapevi tu, folle, difendere.
   Chiaro t’è alfin che da orïente mossero
   Tratti all’odor questo ghiotto frustolo.
   L’alma che un patto a te stringeva, seppero
   A te di cheto que’ cialtroni svellere,
   E de’ tuoi beni ecco tu perdi il massimo!
   E lo perdi per sempre! Oh! chi, chi rendere
   Ti saprebbe il tuo dritto, o miserabile?
   Come, d’anni già vecchio, or fosti, o Satana,
   Ingannato, deriso! E ben tel meriti....
   Di chiaro e tondo che in codest’impiccio
   Contegno avesti da melenso e stupido.
   O mie fatiche indarno spese! O inutili
   Cure e fastidi! E tutto, oh mia vergogna!
   Tutto il mio danno oggi mi vien da un futile
   Desio, da un amorazzo inconcepibile
   Entratomi nel cor — a me, di ragia
   E pece tutto intonacato e lurido!
   Or può trarsi da ciò, se bene immagino,