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470 | fausto. |
Fausto. Via di qua!
L’Affanno. Qui star degg’io.
Fausto, sdegnato sulle prime, indi comprimendo la bile.
Stavvi, in malora, ma non sia che motto
Di magia proferir giammai t’ascolti.
L’Affanno.
Se l’orecchio mia voce non sente,
Basso basso favello al pensier;
E di forme cangiando sovente,
Mostro a prova qual è ’l mio poter.
Ad ognora col pallido aspetto,
Non cercato, da canto vi sto;
E quel dì che m’ha l’uom maladetto,
Vezzeggiarmi quel di lo vedrò.
Ancor l’Affanno non conosci?
Fausto. Intero
Il mondo io corsi, nè a’ desir miei tanti
Alcun diè legge, mai; quanto da meno
Parve al bisogno di mia vila, ognora
Rispinsi, dispregiai, di man lasciando
Sfuggirmi tutto che a tener non valsi.
Il desio — l’alto — e, quel trascorso, — un novo
Desio — cotale era mia vita — ahi lasso! —
Florida allor, salda, possente, attiva —
Pigra in oggi, pensosa, e le cocenti
Sue voglie inetta ad appagar. — Intera
Io conosco la terra, e so che fine
Coll’orizzonte estremo han le mie doglie.
Folle, chi anela con offese ciglia
La luce — chi trambasciasi sognando
Oltre le nubi, oltre le vie del Sole,