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468 fausto.

La Colpa. Io vi sarei di tratto

     Ridatta al nulla.

La Miseria. Uom di fortuna amico

     Con orrore da me torce lo sguardo.

L’Affanno.

     Non voi, suore, non voi potete al certo
     Quella soglia varcar nè l’osereste;
     Ben l’Affanno saprà pel forellino
     Della toppa sguizzar. (L’Affanno scompare.)

La Penuria. All’erta! o mie

     Livide suorel Di costà si fugga.

La Colpa.

     A te di costa pel deserto piano
     Io moverò.

La Miseria. Non mai da te divisa

     La Miseria n’andrà.

A Tre. Ruotano a cerchio

     Pel ciel le nubi, che di negro ammanto
     Velan degli astri il tremulo folgore.
     Avanti, dunque, avanti! Ecco da lunge,
     Da lange assai! laggiù! laggiù! s’affaccia
     La suora, ella già vien, viene — la Morte....

Fausto, nell’interno del palazzo.

     Tre sol ne miro in fuga volte, e quattro
     Ne trasser quivi. Sconosciute in pria
     Eran le voci lor: — Miseria — Affanno
     Parvemi ch’e’ dicessero, e più forte
     Gridasser: — Morte, Morte! Udiansi arcane
     Tenebrose profetiche parole,
     Tal che al turbato mio pensiero indarno
     Cerco dar posa. E sempre su’ miei passi
     Ti avrò, semprel o magia? Tu che mi segui,