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454 | fausto. |
sia fatto dal pergamo consapevole, che la Chiesa è larga di benedizioni a coloro i quali per essalei si affaticano. (Exit.)
L’Imperatore. Oh di che enorme, orribile peccato sonmi lordala l’anima! Codesta razza maladetta di stregoni m’ha posto per entro a certe mene così intricate, che l’uscirne senza danno s’ha ad avere per miracolo!
L’Arcivescovo, tornando un’altra volta, e inchinandosi profondamente. Perdonami, o sire! Quel tristo e perduto uomo cui dèsti in feudo le spiagge del regno, caccerà, siine più che certo, ogni cosa in malora, se decime, censi, rendite e diritti di quel dominio non conferisci, tutto compunto, alla Chiesa.
L’Imperatore impazientito. Ma codeste borgate non esistono; vi dorme ancor sopra tutta quanta l’acqua de’ mari.
L’Arcivescovo. A chi ha diritto e pazienza, nè il dì nè l’ora son mai per mancare. Accordane il favore dell’inviolabile tua parola. (Exit.)
L’Imperatore solo. Per poco ch’io seguiti a dar retta a costui, vedrommi ridotto a segnare l’atto di donazione di tutto quanto l’Impero!